“FRIDAY FOREVER”Friday Forever recensione Russel
Oggi più che mai uno degli scopi principali della musica resta quello dell’evasione e di creare delle finestre verso immaginari alternativi (o impossibili). Quando Richard Russell – fondatore della XL Recordings (l’etichetta di West London che ha accompagnato al successo artisti come Prodigy, The White Stripes, MIA, King Krule e Adele) nonché a capo del progetto “Everything is Recorded” – ha ideato il concept che stava dietro a questo “FRIDAY FOREVER” non avrebbe mai pensato che sarebbe stato vissuto dagli ascoltatori come una sorta di sogno ad occhi aperti. Friday Forever recensione Russel
“FRIDAY FOREVER” racconta infatti una lunga notte e successiva mattina tra clubbing, party, giri tra pusher, viaggi in macchina, flirt, sbornie e faticosi hangout in una qualsiasi città londinese, in cui ogni canzone è segnalata anche con un orario ben preciso. Lo fa arruolando una serie di artisti emergenti e non che girano nella scena inglese urban (tranne Ghostface Killah, ex Wu Tang Clan, che accompagna il figlio).
L’altra faccia dell’oscuro
Il primo disco eponimo, che fu candidato al Mercury Prize 2018, era molto sofisticato e dai toni morbidi. Questo invece è più scuro e disordinato, che ricorda in parte i viaggi notturni malati di Tricky e la parte un po’ più cattiva e dark dei Gorillaz. Di certo rappresenta un trampolino di lancio per alcuni artisti come FLOHIO, MC britannica-nigeriana tra le più interessanti della scena, che dà una bella scarica di energia in “02:56 AM / I DON’T WANT THIS FEELING TO STOP”.
Maria Sommerville, l’esordiente Berwin e Infinite Coles (figlio di Ghostface Killah) sono i protagonisti di questa nottata brava inglese a ritmo di big beat, reggae, elettronica lo-fi, funk dissonanti e gospel, con il ritmo che evidentemente rallenta nella parte finale del disco. Tra le voci da segnalare c’è quella di Kean Kavanagh dal forte accento irlandese che in “09:35 AM / PRETENDING NOTHINGS WRONG” si alterna con sample dei Tangerine Dreams e un oscuro pezzo soul di Lamont Dozier che si occupa del refrain. Gli amanti dei campionamenti si divertiranno a trovare qua e là frammenti di Grace Jones, Sun Ra, Burt Bacharach e Gil Scott Heron che Richard Russell riportò in pista con “I’m now here” nel 2010.
Questo secondo disco del progetto “Everything is recorded” è un esperimento “divertente”, ben realizzato e che certamente aprirà la strada ad alcuni artisti talentuosi, ma non certo un disco memorabile come il precedente di due anni fa che, ancora oggi, suona fresco e attualissimo.