giovedì, Dicembre 19, 2024

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Gibson, la probabile fine di un mito

Les Paul, Explorer, SG Diavoletto, Lucille, ES335, Flying V non sono i nomi dei satelliti nello spazio, bensì i modelli più celebri delle chitarre elettriche prodotte dall’ azienda statunitense Gibson Guitar Corporation, che, insieme a Fender, ha costruito la storia delle chitarre. Questa storia, che dura da ben 116, purtroppo rischia di finire in bancarotta. Crisi bancarotta Gibson

La notizia si è diffusa in seguito all’articolo del Nashville Post: Gibson deve rimborsare 375 milioni di dollari in obbligazioni e saldare prestiti ricevuti dalle banche per altri 145 milioni di dollari.

La storia

Tutto ebbe inizio a Kalamazoo, nel Michigan, da un’idea di Orville Gibson che iniziò a costruire mandolini. In breve tempo diede vita alla Gibson Mandolin-Guitar Mfg. Co, Ltd. affinché gli strumenti potessero essere  commercializzati. Crisi bancarotta Gibson

Dopo la morte di Gibson nel 1918, l’azienda cambiò radicalmente il concetto di chitarra, inventando la chitarra archtop a tavola bombata, e divenne la principale produttrice di chitarre statunitensi con il modello Gibson L-5. Negli anni ’30 iniziò la produzione di chitarre acustiche a tavola piatta, il salto di qualità fu la produzione del modello ES-150, la prima chitarra elettrica commerciale.

Crisi bancarotta Gibson

Da quel momento la Gibson creò a profusione modelli di chitarre utilizzate da gran parte degli dei dell’olimpo rock. Jimmy Page, Eric Clapton, Neil Young, Gary Moore, James Hetfield, Slash e Angus Young, solo per citarne alcuni.

Quella di oggi non è la prima crisi

La crisi che la Gibson sta vivendo in questi mesi, non è la prima che incontra da quando è nata. Infatti, già a cavallo degli anni ’80, subito dopo che produzione delle chitarre Gibson si era spostata spostata a Nashville nel Tennessee, l’azienda rischiò il fallimento. La tragica situazione si risolse in breve tempo nel gennaio 1986, con l’acquisto da parte degli attuali proprietari. Oggi la storia, a distanza di 32 anni, si ripete.

Questa crisi è un campanello d’allarme

Questa situazione della Gibson si inserisce alla perfezione nell’attuale contesto musicale, dopotutto anche i giganti crollano quando a sostenerli sono in pochi. Ergo, i pezzi grossi della musica sono rimasti in pochi, e da soli non possono di certo mandare avanti un’azienda che deve smuovere miliardi di dollari per campare. In un’epoca in cui basta un pc per fare musica, a cosa serve investire in buoni strumenti musicali? La crisi Gibson è il campanello d’allarme che la musica ci sta lanciando.

Parole di conforto arrivano dall’amministratore delegato Henry Juszkiewicz che ha promesso operazioni urgenti per razionalizzare le attività dell’impresa, sia monetizzando su alcuni asset sia rinegoziando i debiti con le banche.

 

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