Ah, la cover di un disco.
Si dice che un libro non si debba giudicare dalla copertina. E così dovrebbe essere anche per un disco. Ma, andiamo. Anche l’occhio vuole la sua parte.
Copertine brutte per dischi stupendi; copertine stupende per dischi orribili. Addirittura capita a volte che la copertina di un disco superi di fama persino la musica in esso contenuta.
E ci sono persino copertine entrate nell’immaginario collettivo della cultura di massa.
Veri e propri capolavori della Pop Art.
Noi di Musicaccia abbiamo selezionato le 10 – a nostro avviso – più iconiche di sempre!
Riprese, omaggiate, parodiata. Conosciute anche da chi di Rock non ne capisce un cazzo!
Ecco la classifica: Cover più iconiche
10. Led Zeppelin – Led Zeppelin (1969)
L’esordio dei leggendari Led Zeppelin mostra in copertina la foto in bianco e nero di un dirigibile in fiamme. Si tratta del LZ 129 Hindenburg, e la foto in questione è ben presto entrata nel repertorio iconico della band (accanto ai quattro simboli dei componenti e all’Angelo cadente).
Come facilmente intuibile, il nome stesso della band è strettamente legato a questa foto.
Si dice che Jeff Beck, Jimmy Page e gli Who John Entwistle e Keith Moon stessero parlando di mettere su un gruppo.
Al ché Moon avrebbe affermato “It would probably go over like a lead balloon” [Probabilmente precipiterebbe come un palloncino di piombo]. La risposta-appunto di Entwistle entrò di riflesso nella storia: “a lead ZEPPELIN!” [Uno ZEPPELIN* di piombo!]
*lo Zeppelin è un tipo di dirigibile di origine tedesca. Cover più iconiche
9. Bruce Springsteen – Born in the USA (1984)
In questa classifica non poteva mancare il maggior successo commerciale del Boss, Bruce Springsteen.
Si tratta del suo settimo disco, pubblicato nel 1984.
Prendete le chiappe del Boss, un paio di Jeans, un berretto da baseball e la bandiera americana. Americanità all’ennesima potenza. Un’immagine entrata in pochissimo tempo nell’immaginario collettivo; un po’ il simbolo del rock made… o meglio, Born in the USA! Cover più iconiche
8. AC/DC – Back in Black (1980)
Gli AC/DC non sono gli unici, né tanto meno i primi, ad aver usato l’idea di una copertina monocromatica. Lo avevano già fatto i Beatles, lo avrebbero rifatto decine di band (i Weezer, i Metallica, ecc…).
Ma la potenza espressiva di questa copertina tutta nera sta tutta nel suo significato.
L’anno prima, poco dopo la pubblicazione del capolavoro Highway to Hell, il frontman e cantante Bon Scott era morto. La band si trovò di fronte a un bivio. Porre fine alla bellissima storia degli AC/DC, o continuare con un nuovo cantante.
Come presumibilmente sarebbe stata volontà di Bon, optarono per la seconda. Il nuovo cantante – voce graffiata, cappello in testa, presenza scenica da titano – era Brian Johnson.
Il titolo del disco – e la title track – sono un programma: Back in Black, tornati in nero, il nero del lutto per il compagno perso. Il nero delle campane dell’inferno. Quelle che aprono il disco, che sarebbe stato uno dei più venduti e famosi della storia della musica.
Il resto è leggenda. Cover più iconiche
7. The Clash – London Calling (1979)
In piena esplosione punk, a soli 2 anni di distanza da quel mitico ’77 che aveva innalzato quella cultura come una delle più importanti del mondo moderno, esce l’album più famoso de The Clash. È un doppio disco.
La band inglese si contende il titolo di Re del Punk britannico con i Sex Pistols. I Sex Pistols pubblicheranno solo un disco, i Clash 5. London Calling è il terzo, ed è quello della consacrazione.
La copertina – in pieno stile punk – è a metà tra l’omaggio e la dissacrazione. La grafica è volutamente identica a quella del primo disco, omonimo, del Re del Rock n’ Roll Elvis Presley, del 1956.
Solo che qui in copertina non troviamo la band felice e contenta di cantare come il Re, ma il solo il bassista Paul Simonon che spacca incazzato il suo basso su di un palco.
Inutile dire che anche questa immagine entra ben presto nell’immaginario collettivo.
La foto fu scattata dalla fotografa Pennie Smith durante un concerto della band a New York, il 21 settembre 1979. Cover più iconiche
6.Metallica – Master of Puppets (1986)
Chiude la prima metà della classifica l’unico album Metal qui presente.
È la terza fatica discografica dei Metallica, e probabilmente l’album metal più “pop” (non nei contenuti, ma nell’accoglienza mediatica) di sempre.
Chiunque da lì in poi – anche e soprattutto i più profani – avrebbe identificato l’intero genere con questa band, e la band con questo disco.
Il cimitero americano, le croci di marmo ed un dio-burattinaio – lo stesso che dà il titolo all’album – a sovrastare il tutto. Cruda e forte come poche altre cover.
Fu ideata dai Metallica in collaborazione con Peter Mensch, e realizzata da Don Brautigam. Cover più iconiche
5. Joy Division – Unknown Pleasures
La band simbolo della new wave e del post-punk. I Joy Division di Ian Curtis pubblicano il loro esordio-capolavoro nel 1979. Come LP avrà solo un seguito, Closer, dell’anno successivo. Ian Curtis si impiccherà, diventando un’icona immortale. Presto. Troppo presto. Ma non abbastanza per impedire ai Joy Division di diventare un’istituzione anche per le generazioni a venire. Il resto della band avrà una sfavillante carriera con il nome New Order.
Unknown Pleasures è una pietra miliare del Rock, e la sua copertina è finita – tradendone un po’ l’anima – è finita su qualunque tipo di prodotto: t-shirts di H&M, zaini, ma anche tatuaggi e cover del cellulare.
In Closer troveremo in copertina una foto di una tomba del Cimitero Monumentale di Genova (la tomba della famiglia Appiano), idea che verrà utilizzata anche per il singolo più famoso: Love Will Tear Us Apart.
In Unknown Pleasures troviamo invece l’elaborazione di un concetto completamente diverso: è la resa grafica di una serie di pulsazioni elettromagnetiche prodotte dalla pulsar CP 1919, la prima mai scoperta, tratta da The Cambridge Encyclopedia of Astronomy. L’idea è stata adattata da Peter Saville, grafico della Factory Records. Cover più iconiche
4. Nirvana – Nevermind (1991)
Unico album del suo decennio in classifica. Ci avviciniamo al podio con Nevermind dei Nirvana, del 1991.
È il secondo disco della band di Seattle, simbolo del grunge. Una vera e propria pietra miliare del Rock. Con questo disco, dai club di Seattle la band sarebbe stata catapultata nell’olimpo degli dei del Rock.
In copertina troviamo un bambino che nuota in una piscina, attirato da un dollaro attaccato, come un’esca, ad un amo.
Una chiara critica al capitalismo, in chiave prepotentemente punk coerente allo spirito della band di Kurt Cobain.
Il bambino in copertina aveva all’epoca della foto 4 mesi, e si chiama Spencer Elden. 17 anni dopo ha omaggiato la copertina che gli ha consentito di far un poco parte della storia del rock ripetendo lo scatto, cresciuto e con un paio di bermuda addosso (per ovvi motivi!). Cover più iconiche
Il Podio.
3. The Velvet Underground & Nico – The Velvet Underground & Nico (1966)
La copertina del disco d’esordio dei Velvet Underground, band di New York, archetipo del Punk, plasmata sulla mefitica personalità del carismatico leader Lou Reed si colloca sul gradino più basso del podio. In questo disco la band collabora con la cantante tedesca Nico. In pieno apice dell’epopea della Pop Art, è un’autentica opera d’arte. E non per dire, visto che è stata realizzata proprio dal padre ed esponente di punta della Pop Art, sua maestà Andy Warhol. Uno degli artisti più eccentrici e famosi di sempre, forse – insieme a Dalì – il più grande del XX secolo.
Il concept dell’artwork è semplice, quanto efficace: una banana gialla, in pieno stile warholiano, su sfondo bianco. E solo la firma dell’artista. Le prime copie del disco avevano anche una sorpresa: un adesivo celava una banana rosa (l’allusione sessuale non ha certo bisogno di essere chiarita). Ciò portò vari problemi legati alla distribuzione del disco, problemi che – insieme ad altri che insorsero dopo – limitarono il successo dell’album. Avrebbe avuto la giusta considerazione solo qualche anno dopo. Cover più iconiche
2. The Beatles – Abbey Road (1969)
Posizionarlo “solo” in seconda posizione è stata una dura scelta.
È una delle fotografie più famose di sempre, omaggiata da artisti di qualunque disciplina: i Red Hot Chili Peppers ne realizzarono una parodia per l’EP The Abbey Road E.P. E lo fece anche lo stesso Paul McCartney, a schernire le teorie cospirazionistiche sulla sua presunta morte, posa con il suo cane, nella stessa strada, per la copertina del live Paul Is Live. Anche in un fotogramma del cult movie Trainspotting i protagonisti omaggiano questa copertina.
Senza contare fumetti, cartoni animati, ecc..
O la gente comune che – davanti a delle strisce pedonali in un viale alberato, specie se nella stessa location di Abbey Road – trova l’irresistibile impulso di imitare la band. Non appaiono né titolo, né nome della band. Solo i quattro Beatles immortalati nell’atto di attraversare, in fila indiana, le strisce pedonali di Abbey Road, la via dove hanno sede gli Abbey Road studios di Londra. La foto è opera di McMillan, ed è datata 8 agosto 1969. Cover più iconiche
1. Pink Floyd – The Dark Side of the Moon (1973)
E al vertice di questa classifica non potevamo – a nostro avviso – che trovare questo album. Uno dei capolavori dei Pink Floyd (ma, verrebbe da chiedersi, cosa hanno inciso i Pink Floyd se non solo capolavori?): The Dark Side of the Moon. È un concept album, l’ottavo disco in studio della band, punto d’arrivo delle sperimentazioni liriche e musicali; quello che ne avrebbe definito il sound del periodo più “maturo” e prosperoso. Seguirono infatti Wish You Were Here, Animals, The Wall.
La copertina è un concept minimalista di inarrivabile potenza lirica e poetica: su uno sfondo nero spaziale, un prisma bianco infrange un raggio di luce anch’esso bianco nei 7 colori dell’arcobaleno.
È opera di Storm Thorgerson, geniale maestro delle arti grafiche. Sue anche altre copertine dei Pink Floyd, oltre quelle dei MUSE e di tantissime altre band. Cover più iconiche
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