Le grandi opere musicali sono come stelle nel cielo della creatività umana, brillano attraverso i secoli e guidano gli spiriti in cerca di bellezza eterna. Ebbene, oggi ricordiamo un evento epocale per la storia della musica occidentale. Esattamente 95 anni fa oggi, all’Opera di Parigi, veniva eseguita per la prima volta una grande opera musicale. Si tratta del celeberrimo Boléro di Maurice Ravel, compositore francese particolarmente influente per il pianoforte, ma anche maestro indiscusso delle tecniche di orchestrazione. È dunque l’occasione per celebrare uno dei brani più amati nel repertorio classico, esplorando alcune curiosità e aneddoti correlati. Maurice Ravel compositore
Dalla Spagna con furore
Se oggi le nostre orecchie possono essere deliziate dall’ascolto di questo capolavoro, è merito di Ida Rubinstein, committente e dedicataria del pezzo. La Rubinstein è stata una celebre danzatrice e personaggio mondano della Belle Époque. Fu lei a commissionare a Ravel il suo Boléro, sebbene i progetti iniziali fossero diversi. Infatti, nel giugno 1928 la ballerina aveva chiesto al musicista di orchestrare sei pezzi estrapolati dalla suite per pianoforte Iberia del compositore spagnolo Isaac Albéniz in modo da poterne creare un balletto. Tuttavia, i diritti d’autore per Iberia non erano disponibili, ma Ravel ci teneva ad accontentare un personaggio carismatico e influente come la Rubinstein. E così, a luglio, Ravel aveva già in mente un tema originale per la sua composizione. L’intenzione era quella di comporre un fandango, infine il compositore optò per il bolero, danza spagnola dal ritmo ipnotico. Ravel non fu l’unico a trarre ispirazione dalla musica spagnola. Anzi, a cavallo tra Otto e Novecento, il filone iberico, fino a quel momento marginale nella musica occidentale, suscitò l’interesse di molti compositori. Ad esempio, il francese Georges Bizet compose la celebre opera Carmen ispirandosi ai suoni della Spagna.
Semplice ma d’effetto Maurice Ravel compositore
Già alla sua prima esecuzione assoluta il Boléro riscontrò un ottimo successo di pubblico. Forse perché, quel 22 novembre 1928, la musica di Ravel fu accompagnata dalla coreografia di Bronislava Nijinska. La stessa Rubinstein era protagonista, nei panni di una ballerina gitana danzante sopra un tavolo, mentre, intorno a lei, altri gitani venivano progressivamente coinvolti nel vortice della danza. Ad ogni modo, Ravel fu sorpreso che il brano diventasse un successo di massa, dato che il Boléro utilizza soltanto due temi che si ripetono continuamente per ben diciassette minuti. Ma la particolarità sta nella raffinatissima tecnica di orchestrazione utilizzata dal compositore, che genera un crescendo dovuto alla progressiva aggiunta strumenti. Si racconta addirittura che alla première un’anziana signora del pubblico esclamò: «Voi siete pazzo!». Il musicista osservò, «Quella vecchia signora ha capito il messaggio».
La diatriba con Toscanini
«Mi auguro vivamente che nei riguardi di quest’opera non ci siano malintesi. Essa rappresenta un esperimento di una direzione particolarissima e limitata… Dopo la prima esecuzione ho fatto preparare un avviso in cui si avvertiva che il brano da me composto durava diciassette minuti». Così dichiarò lo stesso Ravel sul suo ‘esperimento’. Infatti, moltissimi direttori d’orchestra vollero cimentarsi nell’impresa di dirigere il Boléro ma non tutti ne furono capaci. Non ci riuscì neppure un gigante della musica come Arturo Toscanini, il direttore dei direttori. Celebre la disputa tra il compositore e il direttore, avvenuta dopo che quest’ultimo aveva diretto il Boléro a New York il 4 maggio 1930. Toscanini aveva compiuto l’errore di affrettare esageratamente il tempo e allargare il movimento nel finale. L’autore ricordò a Toscanini che la sua opera andava eseguita con un unico tempo dall’inizio alla fine e nessuno poteva prendersi certe libertà. Il direttore gli rispose: «Se non la suono a modo mio, sarà senza effetto». Ravel disse: «i virtuosi sono incorreggibili, sprofondati nelle loro chimere come se i compositori non esistessero».
Il Boléro e l’Alzheimer Maurice Ravel compositore
Diversi studiosi hanno osservato come Ravel, negli anni del suo Boléro, stesse cominciando a sentire i segni di una misteriosa malattia neurologica. Gradualmente, perse la capacità di parlare, scrivere e suonare il piano. Compose la sua ultima opera nel 1932, suonò per l’ultima volta in pubblico nel 1933 e morì 4 anni dopo. Alcuni neurologi hanno cercato di ricostruire la sua malattia e molti hanno suggerito potesse trattarsi di malattia di Alzheimer. Ma la cosa più interessante è che, secondo alcune ipotesi, nel Boléro la ripetizione ossessiva dei due temi senza alcuno sviluppo sarebbe da imputare a un deficit del linguaggio, dovuto alla malattia. Il neurologo François Boller, tra i fautori di questa ipotesi, sottolinea come la melodia e la sua elaborazione (di cui è carente il Boléro) sia un’abilità musicale a carico dell’emisfero sinistro. D’altro canto il pezzo presenta una notevole complessità ritmica, caratteristica che sembra richiedere abilità a carico dell’emisfero destro. Una congettura che, tuttavia, può essere smentita se si considera che per Ravel il Boléro non era che un esperimento musicale.
La passione per le ferrovie
L’ultimo balletto composto da Ravel prima del Boléro era stato La Valse, commissionata dall’impresario teatrale Sergej Pavlovič Djagilev. Una particolarità di questa composizione, oggi nota soprattutto nella versione per pianoforte (uno dei brani pianistici più difficili in assoluto), è che incorpora la suggestione del compositore per i suoni delle ferrovie. Infatti, tra le passioni di Ravel c’erano le i treni, i loro rumori, ma in generale anche il dinamismo del mondo moderno in cui il compositore viveva. Proprio per questo motivo, quando si trovava in Nord America per una tournée di quattro mesi, il musicista fu affascinato dal dinamismo della vita americana, dalle sue grandi città, dai suoi grattacieli e dalla sua tecnologia avanzata. Maurice Ravel compositore
L’influenza del jazz
La connessione di Ravel con il jazz è spesso trascurata. Il soggiorno negli Stati Uniti, infatti, fece scoprire al compositore il fascino del jazz, ma anche degli spiritual afroamericani. L’influenza del jazz si manifesterà soprattutto nel suo Concerto per pianoforte e orchestra in Sol maggiore (1932). L’interesse per il jazz fu anche corroborato dall’amicizia con il compositore americano George Gershwin, uno dei nomi più noti quando si parla di commistione tra classica e jazz. Fu un’amicizia piuttosto intensa: i due andavano insieme a sentire musica dal vivo nei locali di New York. Addirittura il francese invitò l’americano alla festa per il suo cinquantatreesimo compleanno, chiedendo alla cantante Eva Gauthier di averlo come regalo, interessato a sentirlo suonare. Gershwin, dal canto suo, ammirava tanto Ravel, al punto che gli chiese lezioni di composizione. Celebre fu la risposta dell’autore del Boléro: «Perché essere un Ravel di seconda categoria quando sei già un Gershwin di prima categoria?»